mercoledì 22 aprile 2020

Nella mia cameretta il poster di Dennis Rodman e quello di Dylan Mckay hanno sempre convissuto serenamente


I pensieri corrono a perdifiato, le parole si rincorrono senza sosta, le emozioni si danno il cambio con la rapidità della luce.
Io sto ferma.
Immobile nel silenzio di un mondo che si sta risvegliando da un letargo durato quasi due mesi.
Guido in pieno giorno nella notte di una città fantasma; la musica è altissima, il mio sguardo si sposta sul sedile del passeggero. Autocertificazione presente.
Alzo ancora il volume, quando diamine mi ricapiterà di avere la città a mia completa disposizione?
Schiaccio l’acceleratore, mi ripeto come un mantra che è solo una situazione non prevista, l’ennesimo stravolgimento della mia vita.
Ritorno a casa, ma casa non è più un luogo dove tornare, è l’unico posto possibile, è il profumo reiterato di pane e caffè in loop, come a dirmi che andrà tutto bene anche se fatico a definire cosa sia bene in questo momento.
Parcheggio l’auto in cortile e scendo nel box, trasformato da settimane in una piccola palestra.
La musica è sempre alta, la cassa si colora dei bassi di un ritornello che mi invade la testa.
I miei vicini camminano mano nella mano nel buio del locale garage.

-          Lascia pure la musica alta Ilaria, ci piace e ci fa compagnia mentre passeggiamo.

Io che non abbraccio mai.
Io che non piango mai.
Io che sto così bene da sola.
Io che portami via il resto non conta nulla.
Io che entro in un libro per uscire fuori.
Io che apro una bottiglia di Champagne e brindo alle scelte che escono dagli argini, alle strade non asfaltate, alle testate prese ogni volta.
Io che vorrei scappare da me stessa per regalarmi delle rose bianche.

La Sig.na 25 ciliegie non ha risposte ma questo non la preoccupa. Non sa dirti perché non ha paura di un virus che ha ucciso chi amava e ha minato ogni certezza. Non sa spiegarti perché se le chiedi cosa sente lei non riesce a non ribadire che vede pelli bruciate dal sole, vestitini e calici ghiacciati di bianco fermo.

-          Piantala di raccontarti la vita come vuoi tu.

Lei che la devi stringere forte se non vuoi che scappi via.
Lei che piange lacrime asciutte da quando ne ha memoria.
Lei che ha costruito castelli, principi e foreste in un’unica cameretta.
Lei che portala via non importa dove.
Lei che beve Champagne prima di salire su quel motorino carico di ricordi e lattine di birra scadente.
Lei che vorrebbe girare attorno ai suoi pensieri e liberarli da quel recinto di giudizi.

-          G. ma secondo te un giorno vedrò il brutto della vita?
-          Lo vedi già, solo che hai quel dannato zainetto.
-          Che zainetto?
-          Quello in cui metti le persone e le cose che ti fanno sorridere.




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