Il suono viene prodotto dalla vibrazione generata dal passaggio dell'aria sulle ance


-Puoi raggiungermi?-

Sulle mura della loro città.
Seduti senza che la pioggia li sfiorasse.

-Che succede?-
-Che ne dici se ce ne stiamo qui senza dirci nulla? Fumiamo questa sigaretta in silenzio.-

Lui era in grado di fissare il vuoto per ore.
Fin da quando era piccolo, fino al momento prima di cadere.
Non era stata una passeggiata, la vita.
Lei era di una profondità leggera, di quelle che si posano sull'asfalto come fiocchi di neve.
Nemmeno per lei c'erano state strade in discesa.
Occhiate furtive, corridoi e scrivanie e non c'era stato bisogno di raccontarselo.
Ci sono cose che non vanno dette, ci sono immagini che rimangono impregnate di dolore e se ne stanno su quel rettilineo, vuoto.

-Vorrei spiegarti cosa vuol dire rimanere incantati di fronte a quella linea destinata al nulla.-

Piccole boccate di fumo che si mischiavano alla nebbia di un maggio atipico. Non faceva freddo eppure dentro era come se fosse novembre.
Lei odiava novembre.
Lui odiava e basta, nell'esasperazione di quelle ore di lavoro senza musica.
Una pioggerella sottile scorreva rapida sui loro visi, sembravano lacrime destinate a non fermarsi mai.

-È che quando sto di merda scrivo da dio.-

Lei nemmeno lo conosceva. Scambi rapidi di parole, pause di sguardi nei ritmi frenetici della quotidianità.
Sigarette fumate nei raccordi tra un luogo e l'altro, nell'imbarazzo dei silenzi che vanno colmati.
Canzoni e idee scambiate nel tempo di una pausa pranzo.
Andature nervose alla ricerca di un posto soleggiato dove sdraiarsi senza sfiorarsi.
Il suono magnetico di un'armonica a bocca.

-Vorrei non smettessi mai di suonare.-

Le mani di lui tamburellavano su quell'armonica dandole un sapore e una consistenza.
Le sottili dita di lei si muovevano delicate tra erba e tabacco.
C'è qualcosa di mistico nel rollare una canna.
Lui vedeva nitida quella linea sottile che non avrebbe dovuto superare. Chissà quanti prima di lui erano rimasti immobili a osservare quelle mani profumate di ingenua trasgressione.
Era così difficile non innamorarsene.
C'era qualcosa negli occhi di lei; qualcosa di così pericoloso da impedirgli di distogliere lo sguardo.

-Per favore, non smettere di suonare.-

La pioggia inumidiva la secchezza delle loro bocche. Avrebbero potuto restare lì per sempre, in quella serena consapevolezza di essere dalla parte di chi sta sbagliando tutto.
Lui non smetteva di suonare.
In testa un racconto pieno di lei.
Che poi a trent'anni cosa te ne fai di un racconto con la melodia di un'armonica a bocca?
Le dita di lei, timide e nervose, cercavano un sentiero per arrivare a lui schivando le vie asfaltate dell'ovvio.
Lui sceglieva con cura parole imperfette, brividi che percorrevano la schiena di lei.


- Ci saresti voluto arrivare fino a questo punto?-



Sembrava che piovesse da sempre. I loro silenzi umidi si tenevano per mano da lontano.
Avrebbero potuto distruggere tutto.
Forse lo avevano già fatto, nella speranza che la pioggia potesse lavare via anche i sensi di colpa.
Lui aveva smesso di suonare, nauseato dalla sua stessa incapacità di fermarsi di fronte a quegli occhi profondi come burroni.
Lei aveva smesso di guardarlo, cercando di trattenere l'imbarazzo di un'intenzione che oramai non era più tale.





-Perché mi hai chiesto di raggiungerti? Che cosa me ne faccio di questo ammasso di non detti?-
-Ci costruisci il nostro addio.-


























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