Quando aspetti la morte

Lei se ne stava in una casa vuota, un cellulare passava avanzi d’adolescenza.
1979.
Gli Smashing Pumpkins rendevano ancora più vuota quella stanza appena imbiancata.
Lei era preziosa.
Quasi avevi paura si rompesse se la stringevi troppo;
quasi avevi paura si perdesse a lasciarla da sola;
quasi avevi il terrore smettesse di respirare se non glielo ricordavi.
Lei sapeva di non essere fatta per questo mondo, le parole le si fermavano in gola se alzavi la voce.
Lei non parlava tanto per parlare, le serviva del tempo per dire le cose nel modo giusto, per non buttare discorsi in discariche verbali che tanto andavano di moda.
Lei faceva caso alle parole più che alle persone, Lei si nutriva di parole più che di abbracci.
Lei non era competitiva, Lei non voleva dimostrare niente a nessuno.
Non era sincera: la verità incideva corpo e cuore senza motivo. A Lei non piaceva fare del male.
Non le importava vincere e nemmeno partecipare. A lei piaceva starsene all’angolo a guardare la vita scorrere per poi imprimerla su un foglio bianco.
Lei girava con un taccuino di pagine bianche; per lei vivere aveva la forma di un pacchetto di bic nere.
Non le interessava viaggiare, scoprire posti e volti nuovi. A Lei importava una stanza che dava sul mare per scrivere al sapore di salsedine.
Le serate agli angoli dei bar, le nottate brave a vomitare emozioni: mettere la propria anima al servizio di sconosciuti privi di spessore. Lei si faceva scudo con sorrisi di circostanza e tratteneva sensazioni per chi se le meritava davvero.
Lei era tutto, in quel suo essere poco più di niente.
Lei era leggera senza doversi sollevare da terra.
Lei era la mattina prima di una nevicata.
Avete presente il profumo della neve che sta per arrivare?

Doveva semplicemente scegliere la modalità più adatta. La scelta non era di certo una passeggiata, comportava l’analisi accurata di svariati aspetti.
Che poi -pensava- non puoi chiedere consiglio a chi ti sta vicino.
Decisamente no.
Troppi stimoli, troppe situazioni ripetute e già viste, troppi strumenti e mezzi già utilizzati. Insomma, troppo.
Forse, semplicemente, non si deve stare a riflettere così tanto.

Pensare è il battito del cuore che ti permette di essere vivo; come si fa a smettere di pensare?

Lei era il pranzo della domenica quando sei stato lontano da casa.
Lei era la notte di Santa Lucia.
Lei era la mattina di Natale.
Lei era il profumo del caffè che sale in una casa ancora da arredare.
Lei era la canzone della tua adolescenza mentre sei in coda in autostrada.
Lei era il vento che sale dal mare.
Lei era un libro d’estate.
Lei era un film mentre fuori tempesta novembre.
Lei era l’abbraccio prima di un addio.
Lei era il colore del cielo dietro le nuvole.
Lei era le nuvole quando ti sdrai sul prato per dar loro una forma.
Lei era l’alba che ti sveglia nella notte di settembre.
Lei era il tramonto che ti culla alla fine di una giornata faticosa.
Lei era i chilometri in auto per arrivare.
Lei era le ore in auto quando non sai dove andare.
Lei era quei luoghi comuni senza i quali non riusciresti a vivere.
Lei era l’assenza dei luoghi comuni.
Lei era tutto quello che Lui voleva dalla vita.
Disarm you with a smile.
A voi è mai successo?

E l’orario?
Esiste un orario “giusto”?
La mattina non si può fare. C’è troppa luce. Dire addio a quella luce non sarebbe stato così facile.
La sera? Alle 22 senti i rintocchi. La sera ci si sente più soli. A che pro amplificare quella sensazione di solitudine?
Il rumore del caffè che saliva. L’esigenza di scendere per strada.

Lei era rimasta a metà ma nessuno sapeva il perchè.
Un bel casino innamorarsi di una a metà; Lui ne era consapevole, Lui ci si scontrava ogni singolo giorno, Lui non era mai stato attratto dalle cose semplici.
Sapeva che era Lei quello che desiderava dalla vita.
Disarm you with a smile.
Ottima scelta gli Smashing Pumpkins.
La canzone giusta. Niente è come quando trovi la canzone giusta per cominciare a scrivere.
Lei era a metà ma il suo sorriso valeva per due.
Lei era a metà ma non cercava di essere completa.

Adesso posso ordinare un Negroni -si disse-
Dicono che l’alcool renda più sinceri; dicono che con l’alcool le sensazioni si amplifichino fino a distorcere la realtà.
Dicono tante di quelle cose che stare al passo è un’impresa impossibile.
Sempre che si debba camminare in batteria.
Sempre che si voglia camminare.


A Lei piaceva creare oggetti con le mani mentre con il pensiero creava parole.
Per Lei c’erano giorni senza consistenza, giorni di tazze di tè bollente e lacrime asciutte.
Quei giorni senza sole e senza pioggia, quei giorni spesi a non lasciarsi andare.
La malinconia sfumava i suoi occhi rendendoli del colore delle emozioni.
Lei avrebbe tanto voluto non essere così, lontana.
Distante.
Le persone non erano altro che scenari imbarazzanti dai quali cercava la più vicina via di fuga.
Le parole altrui la disturbavano, quando andavano a definire immagini maldestre o quando contrastavano con la poesia di un profumo senza tempo.
Le capitava di chiudere gli occhi, di guardarsi dentro lasciandosi il “fuori” alle spalle.
Per Lei non c’erano mete ma solo passeggiate senza direzione.
Lei conosceva a memoria lo stato d’animo di chi sta sempre all’erta. Non c’era niente di piacevole nell’aspettare la morte (che la morte venisse a trovarti).


Quando aspetti la morte di qualcuno leggi libri, dipingi armadi, scrivi liste della spesa, prepari tisane. Ascolti il rumore del vuoto che lui o lei lasceranno.
L’ eco di quel vuoto ti paralizza, cerchi in tutti i modi di placarlo gettandoci oggetti e parole ma senti solo l’assenza del tonfo.
Il pozzo della morte non conosce fondo, ingordo si mangia pelle e sentimenti senza mai darti tregua.
Aspettare la morte di qualcuno è come morirci insieme, tentando di ripercorrere strade di ricordi illudendosi che possano trattenerlo in vita.

Lei un giorno uscì di casa:
sul tavolo un biglietto.
Lui quel giorno tornò a casa:
solo una parola sul biglietto.
Lei piangeva mentre scriveva; la bic scoppiò e quel nero di seppia le macchiò le mani.
Lui piangeva mentre leggeva; il cuore scoppiò e il rosso inchiostro gli colorò le mani.


Credette fosse ora.
Alla buon’ora.
E’ solo un modo come un altro per dire addio.

Lei lo amava, per questo gli scrisse addio.
Lui la amava, per questo si disse addio.
Lei vestiva di nero al suo funerale. Non aveva ancora smesso di piangere.
Lui era cenere nuda, un pacchetto ormai scartato, quel silenzio rumoroso che riempie vuoti di omissioni.


Lui, non piangeva più.

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