Non che ci credesse a tutta questa storia dell'oroscopo,
fatto sta che “la cosa” era lampante dall'alba dei tempi, da quando alle
elementari davanti alla scelta della merenda all'intervallo le sue due anime
la spingevano verso direzioni opposte.
Trattasi di segno doppio.
Lei l'aveva accettato da sempre, a differenza del mondo che
le girava attorno, sempre pronto a cercare il limite preciso nelle cose e
nelle persone. O bianco o nero o, se proprio, colorato. A lei era sempre parso
così strano il loro non vedere il bianco nel nero o il verde nell'arancione.
Capitavano giorni dove una vita sovrastava l'altra e il
disequilibrio delle parti regnava sovrano; c'erano nottate al gusto acido delle
persone poco chiare, mattinate soleggiate dove era facile vedere il verde dei
suoi occhi.
I suoi occhi cambiavano come cambiano le emozioni, un vento
tiepido di serenità era sufficiente a schiarire quel petrolio pieno di dolore.
Che diamine di colore erano i suoi occhi?
Era proprio così importante saperlo?
Gli anni di sofferenza le avevano lasciato una base
d'autunno, le gioie primaverili si affaccendavano per dare luce smeraldo; ogni
storia che girava nella sua testa tinteggiava di giallo l'iride.
Lucrezia comprava molte borse per riempirle di
contraddizioni; la linearità non le apparteneva e il suo corpo rispondeva a
richieste diverse come se in quei vent'anni ci fossero due persone distinte.
Non si trattava di sdoppiamento di personalità, lei aveva due
anime e loro non avrebbero mai potuto esistere l'una senza l'altra.
Gli amici avevano smesso di cercare di capirla, i fidanzati
la amavano fino ad esaurimento energie, per poi accusarla di averli trascinati
in un pozzo senza fondo. Lei, dal canto suo, sceglieva con cura arance rosse
per farci delle buonissime spremute.
Quando si ammalò il grigio penetrò nel suo sguardo come quando cerchi un'uscita
da una strada a fondo chiuso. Non sempre basta fare retromarcia per cancellare
il presente.
Nessuna delle sue due anime pareva trovare una soluzione.
Le giornate passavano lente e le emozioni venivano vomitate
insieme ai medicinali che le sedavano corpo e vitalità.
Le pareti di casa si erano scurite, lontane da ogni tipo di
primavera.
Quando si ammalò smise di comprare arance rosse e iniziò a
bere succhi confezionati.
Risollevare due anime non è così facile.
Ogni tanto passava ore chiuse nella sua stanza, provando a
convincersi e a convincerle di quanto la vita avesse un senso anche in questo
modo, tra quei chili persi e quelle settimane spese nelle corsie degli ospedali.
Loro si davano il cambio cercando di caricarsi sulle spalle
una sofferenza troppo grande per chiunque; cercavano di dare tregua a
quel silenzio pieno di assenza di musica.
Non basta avere due anime.
Non basta saper inventare storie.
Non basta essere forti.
Il lunedì non era mai una passeggiata, ma
capitò che nella disperazione dell'attesa le parole presero forma e diventarono
concrete come le arance che non comprava più. Il portatile iniziò ad
accompagnarla per tutti quei lunedì e a scandire giorni tristi e pomeriggi dove
il sole entrava piano piano nelle sue ossa e nella sua casa.
Scrivere portò linfa nuova nella sua vita, consentì di
mettere speranze nei racconti e di condensare paure dentro fogli troppo bianchi
per non essere sporcati.
Non sempre rimanere limpidi è la scelta giusta da compiere.
Ci sono persone che vanno sporcate, vite che vanno esplorate
fino a coglierne il marcio che non si vuole vedere.
Il bianco può essere rovinato, soprattutto quando a farlo è l'inchiostro delle possibilità.
Ci sono malattie che ti rimangono dentro.
Lucrezia ora di anime ne aveva tre; quella buia del dolore
l'avrebbe accompagnata per tutta la vita, ad ogni controllo, ad ogni
avvisaglia, durante quei film pieni di belle parole e lacrime tra le corsie.
Non si guarisce mai da alcune immagini, ti rimangono dentro anche
quando tutti ti urlano che è finita.
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