–
Mia
madre sta in una clinica e mio padre è da qualche parte in cielo. Credi possa
scrivere una lettera ad entrambi?
–
Penso
di sì.
–
E
cosa metto come destinatario?
–
Spettabile
cielo della clinica
come ti sembra?
–
Buona
idea.
Pietro e
Alberto erano amici, vicini di casa, compagni di scuola e di calcetto.
Passavano ore a giocare a pallone in quel campetto fuori da scuola e nel
cortile del loro palazzo; parlavano di professori e ragazze, di musica e
compiti in classe, di sport, delle loro paure e dei loro sogni.
La mamma di
Pietro era stata ricoverata da qualche mese. Il cane nero della depressione,
come lo chiamava la psicologa, era diventato così ingombrante da richiedere
l'intervento dei medici.
A Pietro
piaceva poco quella metafora, così come odiava la dottoressa e le ore trascorse
in quella stanza piena di fiori e musica classica di sottofondo. Lei e i suoi
reiterati e insopportabili come va Pietro?
Come poteva
andare? Suo padre era morto da undici mesi e da undici mesi sua madre non
smetteva di piangere.
A Pietro non
piaceva molto parlare; a lui piaceva giocare a calcio fino a non sentire più
nemmeno la fatica, giocare fino a quando diventava buio e non rimaneva altro
che sdraiarsi con Alberto sull'erba fresca del cortile.
La vita gli
sembrava bella da quella angolazione.
Alberto faceva
poche domande ma ascoltava davvero.
Lui i genitori
li aveva entrambi ma era così bello passare il tempo con Pietro che spesso
avrebbe voluto rimanere lì per sempre. Le ore che trascorrevano insieme erano
prive di ansie e di menzogna, erano intensamente leggere.
I nonni di
Pietro si erano trasferiti nel suo appartamento, in attesa che la madre
tornasse a casa.
–
Come
è averli che girano per casa?
–
La
nonna mi cucina patatine fritte tutti i giorni e il nonno mi lascia guardare le
partite in tv fino a tardi.
–
Pietro
–
Dimmi.
–
Vuoi
venire a cena da me?
Pietro aveva
sedici anni e da undici mesi cercava di tornare a casa il più tardi possibile
per non affrontare l'angoscia di quell'appartamento pieno di lacrime e di
attacchi di claustrofobia.
Saliva le
scale del palazzo lentamente, con la speranza di sentire il profumo di cibo
provenire dal suo pianerottolo.
Se ha
cucinato vuol dire che non sta così male, che non è in stanza a piangere.
Alberto voleva
cambiare il mondo, studiare all'estero e girare l'Asia come giornalista.
A Pietro
piaceva cibarsi dei sogni del suo amico mentre pensava ossessivamente ad una
scusa per giustificare i suoi rifiuti alle proposte degli amici per il weekend.
Federica lo aveva invitato ad una festa sul fiume sabato sera ma lui non
avrebbe potuto; e dire che Federica era proprio il massimo.
Ogni due
settimane passava il fine settimana dalla madre, in quella clinica in mezzo al
nulla.
In quei
weekend, i pochi momenti in cui rimanevano da soli, lei gli diceva che sapeva
che lui avrebbe voluto essere altrove con gli amici ma che doveva cercare di
capirla, che lei stava così male che chissà sarebbe potuto essere il loro
ultimo sabato insieme.
Pietro sapeva
che avrebbe dovuto arrabbiarsi.
Pietro sapeva
che come diavolo avrebbe potuto arrabbiarsi.
Un mese dopo
la morte del padre, era in macchina con la madre, stavano andando dal dentista
per una carie che lo tormentava da giorni. Erano giornate terribili, giornate che
sembravano durare mesi interi, tutte uguali e monocolore.
Subito dopo
aver imboccato la superstrada lei gli disse:
–
Sai,
a volte, quando sono in auto da sola, vorrei tirare dritto a tutta velocità
verso il guard rail.
Pietro non
piangeva più da mesi, era come se la morte del padre si fosse presa tutte le sue
lacrime, sequestrandole per un tempo indeterminato.
–
A
te capita di piangere?
–
Ora
non posso piangere Albi, c'è già mia madre che piange per il condominio intero.
Le ore spese
in quel cortile passavano così rapide rispetto alle ore trascorse in casa,
tanto da far credere loro che il Tempo non facesse altro che prenderli in giro
giorno dopo giorno.
–
Quando
avremo diciotto anni ce ne andremo da qui Pietro, te lo posso giurare.
–
E
dove andremo?
–
Gireremo
l'Europa per cominciare, impareremo una o più lingue e poi saremo pronti per
l'Oriente o per l'America del Sud.
–
A
me piacerebbe vedere la Patagonia.
–
Allora
andremo lì.
–
Albi?
–
Eh
–
Dici
che le lettere se le spedisco dalla Patagonia ci arrivano allo Spettabile cielo
della clinica?
–
Ma
certo
– Ok.
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