martedì 17 marzo 2020

Appena sarà finito tutto questo schifo


Sig.na 25 ciliegie come si fa a dire addio in questo tempo assurdo?
Come si fa a volersi bene a distanza, senza abbassare gli sguardi, senza abbracciarsi, senza riunirsi davanti a una pizza ricordandone i sorrisi.
Come si fa a dire addio in videochiamata, mentre si sprecano voci e guanti in lattice, mentre una mascherina copre la bocca ma non è in grado di chiudere gli occhi di fronte a tutta questa sofferenza.
Come si fa a dire addio senza poter scappare in montagna, senza quelle camminate a volume altissimo che rallentano il respiro, così piene di sole da strabordare in quelle risate che era in grado di farci fare.
I giorni passano e sembra di essere trincerati in una città fantasma, immersi in una nuova peste che comparirà su libri di testo e nei racconti dei prossimi anni. Fuori il silenzio è disarmante; interrotto solo dalle sirene delle ambulanze, dalla paura di chi resta, da tutti questi visi sullo schermo, volti che non riesci a vedere davvero.
La Sig.na 25 ciliegie è così brava a vestirsi con le sue corazze emotive da aver dimenticato come si fa a toglierle, a spogliarsi per un attimo di tutta questa tenuta impeccabile. Se ne sta lì ferma sul terrazzo, cercando di rubare ossigeno a una vita già in affanno.
Il telefono suona e lei non vorrebbe rispondere. I messaggi si sprecano ma lei vorrebbe solo un bicchiere di vino al gusto di questa primavera prepotente che se ne frega di virus e divieti.
Lei vorrebbe alcuni sguardi silenziosi, mani che si incrociano, aerei che la conducono lontano.
Lei vorrebbe fare la cosa sbagliata, oggi più che mai, mentre i giusti lavorano indefessi tra corsie e terapie intensive.
Lei avrebbe voluto regalarti quel vestito rosso di lustrini e un addio di quelli fragorosi e ingombranti, così assordante da permettere a tutti di cantarci sopra. Invece te ne sei andata in silenzio, come chiunque in questo periodo, in una mattina come tante ma che ha permesso per una sera di brindare alla normalità. 
La Sig.na 25 ciliegie in questi giorni surreali non può correre da Gedeone, alzargli il volume dello stereo, preparargli un tè caldo seduta in quella cucina piena di amore e dolore. 

       
-          Sai G. la mamma me lo ripeté per mesi
-          Cosa?
-          Che era una stronzata fotonica quella frase che il peggio è per chi resta.
-          Ah sì?
-    Certo. Il peggio è per chi se ne va, perché la vita è incredibile, abbiamo una  miriade di progetti da realizzare e di esperienze da vivere ancora.
-       Quindi mi stai dicendo che non posso essere triste?
-       No, puoi esserlo, prenditi qualche giorno per masticartela la tristezza, ma poi inizia a scrivere tutto quello che farai appena sarà finito tutto questo schifo.









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