giovedì 9 febbraio 2012

Dal diario della Sig.na 25ciliegie

Non provavo niente.
Più niente.
Chissà tu cosa provavi: nel vedermi, nel vederlo, nel vedervi riflessi nel mio sguardo.
Il bello è che non provavo più niente, solo, purtroppo, ricordavo.
Ricordavo te.
Ricordavo come eri in grado di trascinarmi verso il fondo.
Mi piaceva da morire che mi trascinassi giù.
Eri in grado di uccidermi, ma se uccidi qualcuno vuol dire che quel qualcuno è vivo. Nessuno uccide chi è già morto.
Io, con te, mi sentivo così viva: viva da morire.
Tu mi toglievi ogni energia, mi privavi di quella vita che eri paradossalmente in grado di donarmi; tu mi lasciavi agonizzante per ore fino a quando mi risollevavo dal fondo per sorridere.
Eri la mia droga.
Non esistevano dosi controllate, non c’erano strumenti in grado di attenuarne l’effetto, non c’erano giorni in cui ero in grado di fare a meno di te.
Uccidimi. Solo tu puoi farlo davvero.
Le notizie sulla tua vita erano carboni ardenti sui quali camminavo con la dimestichezza di un fachiro. Sono sempre stata molto brava a gestire il tuo dolore e quello che eri in grado di provocarmi.
E ora?
Ora sto immobile a cercare di ucciderti senza parole.
L’unica cosa che vorrei è ucciderti in silenzio, come facevi tu.
L’unica cosa che vorrei è lasciarti lì, agonizzante, pieno di amore per il male che ti so provocare.
L’unica cosa che vorrei è smettere di amare il tuo modo di farmi male.

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