Il sole di un’estate precoce lascia il posto ad un nevischio invernale e ancora una volta la primavera ti ricorda come niente sia scontato, come la vita scorra in direzioni che non ti eri minimamente immaginata.
L’ennesimo caffè lungo nero e bollente mentre a stento le dita delle tue mani coprono le ore di sonno di una settimana infinita.
Un bicchiere di bolle che non scoppiano ma che scendono nella gola illudendoti che le canzoni più belle non siano canzoni tristi.
Che fine fanno i tuoi pensieri Sig.na 25 ciliegie?
Hai modo di portarli in un luogo sicuro, al riparo da te stessa?
Ti osservo sorridere ma i tuoi occhi non sembra riescano a curvarsi questa volta e vorrei tanto scavalcare quel muro per domandarti come stai.
Mi piacerebbe ascoltarti mentre mi racconti chi sei, spogliata di quelle insicurezze che ti impediscono di chiedere.
Sarebbe bello toglierti quell’ironia pungente, quella paura di appesantire l’altro, quello sguardo giudicante che hai ogni volta che ti vedi riflessa in uno specchio.
Levarteli solo per un momento, giusto il tempo di sdraiarsi sull’erba e guardare la forma delle nuvole.
I tuoi vuoti ti spaventano, hai il terrore che si mangino la tua pelle come anni fa, che brucino calorie e tessuti inglobandoti dentro di loro.
Anni passati ad evitarli, a coprirli con teli mare caraibici, con panorami maestosi, con viaggi magnifici e con diapositive di farfalle e adrenalina.
E ora come si fa?
Ora senti la testa che scoppia, lo stomaco che si rigira, il cuore fuori dal petto.
Ora li hai davanti, ma chiudi gli occhi sperando spariscano, illudendoti che forse prima o poi qualcuno ti salverà tentando di riempirli con gettate di cemento.
Apri gli occhi e ti guardi in giro alla ricerca di Gedeone.
Ma Gedeone non è stato in grado nemmeno di salvarsi da solo ed ora è un furgone pronto a portarti lontano.
Apri gli occhi e provi a trattenere quello che hai costruito senza credere a quella voce che ti ripete che chi ami se ne va. Sempre.
Apri gli occhi e ci vedi delle macchie e la tua ipocondria urla mentre sorridi, ti fai versare del vino e ascolti le fatiche degli altri.
Che paura che fanno quei vuoti Sig.na 25 ciliegie.
Che paura che mi fai tu quando dentro ghiaccia tutto e basta un cappotto giallo per convincere tutti che ci sia il sole.
Mi piacerebbe ascoltarti mentre mi racconti chi sei, spogliata di quelle insicurezze che ti impediscono di chiedere.
Sarebbe bello toglierti quell’ironia pungente, quella paura di appesantire l’altro, quello sguardo giudicante che hai ogni volta che ti vedi riflessa in uno specchio.
Levarteli solo per un momento, giusto il tempo di sdraiarsi sull’erba e guardare la forma delle nuvole.
I tuoi vuoti ti spaventano, hai il terrore che si mangino la tua pelle come anni fa, che brucino calorie e tessuti inglobandoti dentro di loro.
Anni passati ad evitarli, a coprirli con teli mare caraibici, con panorami maestosi, con viaggi magnifici e con diapositive di farfalle e adrenalina.
E ora come si fa?
Ora senti la testa che scoppia, lo stomaco che si rigira, il cuore fuori dal petto.
Ora li hai davanti, ma chiudi gli occhi sperando spariscano, illudendoti che forse prima o poi qualcuno ti salverà tentando di riempirli con gettate di cemento.
Apri gli occhi e ti guardi in giro alla ricerca di Gedeone.
Ma Gedeone non è stato in grado nemmeno di salvarsi da solo ed ora è un furgone pronto a portarti lontano.
Apri gli occhi e provi a trattenere quello che hai costruito senza credere a quella voce che ti ripete che chi ami se ne va. Sempre.
Apri gli occhi e ci vedi delle macchie e la tua ipocondria urla mentre sorridi, ti fai versare del vino e ascolti le fatiche degli altri.
Che paura che fanno quei vuoti Sig.na 25 ciliegie.
Che paura che mi fai tu quando dentro ghiaccia tutto e basta un cappotto giallo per convincere tutti che ci sia il sole.
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